ranno con amaro pianto, e dice: - Signore, io sono in tanta ammirazione e amaritudine, che con lingua io non lo potrei contare; imperocchè mi pare che in questa terra sia oggi commesso il maggior peccato, e ’l maggiore male che mai fosse fatto a’ dí de’ nostri antichi: e credo sia stato fatto per ignoranzia. Niccolajo ode il Guardiano con pazienza, e domanda il Guardiano: - Quale è il grave difetto e male, che è oggi commesso in questa terra? - Rispose il Guardiano: - Che unode’ piú sncti frati che sia oggi all’Ordine di sancto Francesco, di cui siete divoto singolarmente, voi sí avete giudicato a tanta crudele giustizia, credo certamente senza alcuna ragione. Dice Niccolajo: - Or dimmi, Guardiano, chi è costui? che forse non conoscendo, i’ ò commesso grande difetto. Dice il Guardiano: - Colui che avete giudicato a morte, è frate Ginepro compagno di sancto Francesco. Istupefatto Niccolajo tiranno, perchè aveva udito la fama sua e della sancta vita di frate Ginepro, e quasi attonito, tutto pallido si corse insieme col Guardiano, e giungne a frate Ginepro, et iscioglielo dalla coda del cavallo e liberollo, e, presente tutto il populo, si gettò isteso in terra dinanzi a frate Ginepro, e con grande pianto dice sua colpa dell’ingiuria e della villanía, ch’egli avea fatta fare a questo sancto frate; e aggiunse: - Io credo veramente, che i dí della vita mia mala s’approssimano, dappoich’i’ò que-