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contemplazione, nello quale io vedea l’abisso della infinita bontà e sapienza e potenzia di Dio; e quando io diceva: Chi sono io, ecc., io era in lume di contemplazione, nello quale io vedea il profondo lacrimoso della mia viltà e miseria. E però diceva: Chi se’ tu, Signore d’infinita bontà e sapienza e potenzia, che degni di visitare me, che sono vile vermine abbominevole? Et in quella fiamma che tu vedesti, era Iddio, il quale in quella ispezie mi parlava, come avea anticamente parlato a Moisè: tra l’altre cose ch’elli mi disse, sí mi chiese ch’io gli facessi tre doni, et io gli rispondea: Signor mio, io sono tutto tuo; tu sai bene ch’io non ò altro che la tonica e la corda et i panni di gamba, e queste tre cose anche sono tue. Che dunque posso io offerere o donare alla tua maestà? Allora Iddio mi disse: Cércati in grembo, et offerami quello che tu vi troverai. Io cercai e trovai una palla d’oro e sí la ofersi a Dio; e cosí feci tre volte, secondo che Dio tre volte me lo comandò: e poi m’inginocchiai tre volte, e benedissi e ringraziai Iddio, il quale mi avea dato che offerere; et immantenente mi fu dato ad intendere che quelle tre oferte significavano la santa obbedienzia, l’altissima povertà, e la sprendentissima castità; le quali Iddio per grazia sua m’à conceduto d’osservare sí perfettamente, che di nulla mi riprende la coscienza. E siccome tu vedevi mettere le mani in grembo et offerere a Dio queste tre virtú, significate per quelle tre