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spondo, passa e vieni alla cella, e diremo insieme il Mattutino; s’io non ti rispondo, partiti immantanente. — E questo diceva sancto Francesco, però che alcuna volta era sí ratto in Dio che non udiva e non sentiva niente co’ sentimenti dello corpo. E detto questo, sancto Francesco diede loro la benedizione, ed elli si ritornarono allo luogo. Vegnendo dunque la festa della Assunzione, sancto Francesco cominciò la santa quaresima con grandissima astinenzia et asprezza macerando il corpo e confortando lo spirito con ferventi orazioni vigilie e disciprine; et in queste orazioni, sempre crescendo di virtú in virtú, disponea l’anima sua a ricevere i divini misterj e divini isprendori, et il corpo a sostenere le battaglie crudeli delli demonj, co’ quali ispesse volte combattea sensibilmente. E tra le altre fu una volta in quella quaresima che, uscendo uno dí sancto Francesco della cella in fervore di spirito, et andando ivi assai presso a stare in orazione, in una tomba d’uno sasso cavato, dalla quale insino giú a terra è una grandissima altezza et orribile e pauroso precipizio, subitamente venne il dimonio con tempesta e rovina grandissima in forma terribile, e percuotelo per sospignerlo quindi giuso. Diché sancto Francesco non avendo dove fuggire e non potendo sofferire l’aspetto crudelissimo dello dimonio, di súbito si rivolse colle mani e collo viso e con tutto il corpo allo sasso, e raccomandossi a Dio, brancolando colle