Adivenne poi che, dopo molti anni, questo frate Pacifico che rimase, fu posto di famiglia nello detto luogo di Suffiano, dove il suo fratello era morto. In quello tempo i frati, a pitizione de’ signori di Bruforte, mutarono il detto luogo in un altro; di ché, tra l’altre cose, ellino traslatarono le reliquie de’ santi ch’erano morti in quello luogo; e venendo alla sepoltura di frate Umile, il suo fratello frate Pacifico si prendé l’ossa sua e si le lavò collo buono vino, e poi le involse in una tovaglia bianca, e con grande reverenzia e devozione le baciava e piagneva. Di che gli altri frati si maravigliavano, e non avevano buon assempro di lui; imperò che, essendo elli uomo di grande santità, pareva che per amore sensuale e secolare elli piagnesse il suo fratello, e che piú divozione mostrasse alle sue reliquie che a quelle delli altri frati ch’erano istati di non minore santità che frate Umile, et erano degne di riverenza cosí come le sue. Conoscendo frate Pacifico la sinistra immaginazione de’ frati, sodisfece loro umilemente e disse: — Frati miei carissimi, non vi maravigliate perché alle ossa dello mio fratello i’ ò fatto quello ch’io ò fatto, però che non l’ò fatto all’altre; imperò che benedetto sia Iddio, e’ non m’à tratto, come voi credete, amore carnale; ma pertanto ò fatto cosí, però che quando il mio fratello passò di questa vita, orando io in luogo diserto et rimoto da lui, vidi l’anima sua per dritta via salire in cielo; e però io sono certo che le sue ossa sono sante,