imperò che la tranquilla soavità dello Ispirito santo richiedeva in lui non solo il riposo della mente, ma eziandio quello dello corpo. Et in quelle cotali visitazioni divine elli era molte volte ratto in Dio, e diventava tutto insensibile alle cose corporali. Onde una volta ch’elli era cosí ratto in Dio et insensibile al mondo, ardeva dentro dello divino amore e non sentiva niente di fuori co’ sentimenti corporali, uno frate, volendo avere isperienzia di ciò, e vedere se fosse come pareva, prese uno carbone di fuoco e poseglielo in sullo piede ignudo; e frate Simone non lo sentí niente, e non gli fece niuno segnale in sullo piede, bene ch’elli v’istesse su per grande ispazio, tanto ch’elli si spense da sé medesimo. Il detto frate Simone, quando si poneva a mensa, innanzi ch’elli prendesse il cibo corporale, prendeva per sé e dava il cibo ispirituale, parlando di Dio; per lo cui parlare divoto si convertí una volta un giovane da San Severino, il quale era nello secolo uno giovane vanissimo e mondano, et era nobile di sangue e molto dilicato dello corpo suo. E frate Simone, ricevendo il detto giovine all’Ordine, si riserbò i suoi vestimenti secolari appresso di sé, et esso istava con frate Simone per essere informato da lui nelle osservanze regolari. Di che il dimonio, il quale s’ingegna di sconciare ogni bene, gli mise adosso sí forte istimolo e sí ardente tentazione di carne, che per niuno modo costui poteva resistere. Per la qual cosa elli se n’andò a frate