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sto mezzo sancto Francesco, ripensando la pronta obbedienzia di frate Ruffino, il quale era de’ piú gentili uomini d’Ascesi, e dello comandamento duro ch’elli avea fatto, cominciò a riprendere sé medesimo: — Onde a te tanta presunzione, figliuolo di Pietro Bernardoni, vile omicciuolo, a comandare a frate Ruffino, il quale è de’ piú gentili uomini d’Ascesi, che vada ignudo a predicare al popolo come uno pazzo? per Dio, che tu proverrai in te quello che tu comandi altrui. — E di súbito, in fervore di spirito, si spoglia egli ignudo simigliantemente, e vassene in Ascesi e mena seco frate Lione, acciò che li recasse l’abito suo e quello di frate Ruffino. E veggendolo simigliantemente gli Ascesani, sí lo ischernivano, reputando ch’elli e frate Ruffino fossono impazzati per la troppa penitenzia. Entra sancto Francesco nella chiesa, dove frate Ruffino predicava queste parole: — O carissimi, fuggite il mondo, lasciate il peccato, rendete l’altrui, se voi volete ischivare l’inferno; servate i comandamenti di Dio, amando Iddio e lo prossimo, se voi volete andare al cielo; e fate penitenzia, se volete possedere il reame dello cielo. — E allora sancto Francesco ignudo monta in sullo pergamo, e comincia a predicare elli sí maravigliosamente dello dispregio del mondo, della penitenzia sancta, della povertà volontaria, dello desiderio dello reame cilestiale e della nudità et obrobrio della passione dello nostro signore Jesú Cristo, che tutti quelli ch’erano alla