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signore de’ loro signori, ed eglino sono servi de’ miei servi, cioè de’ vizj. Ciascuno a cui è detto villania dee pensare se quello ch’egli ha detto è vero, o no; e s’egli è vero, non se ne dee turbare, perocchè colui che fa il male, dee bene sofferire che gli sia detto; e non si turbare a udire quello che non si vergognò di fare: e s’egli è bugia quello ch’egli ha detto, non se ne dee curare niente: chè maggiore ira non si può fare a colui che dice villania, come a mostrare di non curarsi; chè s’egli se n’adira,1 egli stesso dà cagione di potere dire di lui.


CAPITOLO XXX.

Della intemperanza appropriata al liocorno.

Intemperanza, che è contrario vizio della virtù della temperanza, secondo che dice Damasceno, si è a seguire tutte le sue volontà, siccome gli viene dal cuore. E puossi assimigliare la intemperanza al liocorno, ch’è una bestia che ha tanta dilettazione di stare con alcuna donzella, che, com’egli ne vede alcuna, incontanente va da lei, e addormentasi nelle sue braccia: poi vengono gli cacciatori, e sì lo prendono; chè altrimenti non lo po-

  1. Le edizioni e qualche codice leggono addirà. Di qui è stato tratto in errore il Vocabolario di Napoli, che lo ha fatto venire dal verbo addirsi a cui ha dato il significato di risentirsi. I Codici da me veduti leggono se ne adira: ma in ogni caso se n’addirà è voce sincopata di se n’addirerà; le quali forme sincopate sono ivfrequenti nelle scritture antiche.