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capitolo xxi. 69

za; ma pure malvolentieri v’andò. E stando nel mercato, la gente lo domandava: Sono buoni questi tuoi asini? Ed egli rispondeva: Credete voi che ’l nostro monistero sia giunto a tanta povertà, che se fussono buoni, noi gli vendessimo? E udendo ciò, si ’l domandavano: Perchè hanno eglino sì pelata la coda? E ’l monaco dicea: Egli sono vecchi, e si caggiono molto spesso sotto gli pesi, sicchè si convengono pigliare per la coda; e però l’hanno sì pelata. E ’l monaco, non potendogli vendere, si se ne tornò a casa con essi. E un converso che era andato seco si lo accusò all’Abate di ciò ch’egli avea detto. E lo Abate mandò per lui, e cominciollo forte a riprendere delle parole ch’egli avea detto al mercato. Rispose il monaco: Credete voi ch’io venissi qui per ingannare altrui con bugie? Certo io lasciai assai pecore e possessioni per venire a Colui ch’è Verità, e per uscire dalle bugie del mondo: e siate di questo certo, ch’io non le usai mai infino ch’i’ era al mondo, sì mi dispiaceano le bugie. E udendo ciò l’Abate si strinse e non seppe più che si dire.

CAPITOLO XXII.

Della bugia appropriata alla topinara.

Bugia, ch’è contrario vizio della verità, secondo che dice Aristotile, si è a celare la verità con alcuno colore di parole, per animo d’ingannare altrui per alcun modo. E sono bugie di molte ra-