Pagina:Anonimo - Egloga pastorale di Flavia, Pentio, Venezia 1528.djvu/6

De quanto arresti grato aver già visto la
con l’altre sue compagne vepori
90cogliere erbette, e fiori empir la cistola
Non dico del ballar, che capre, o lepori
avanzava saltando, e odorifera
più chel serpollo, o fummo di ginepori.
Ne stava mai oziosa, o sonnifera
95anzi prima a la cura pastoralica
e a tutto el paese salutifera.
Nissuno dicia le pastora, o salvatica,
vedendola cucir, filare, o tessere
anzi ne la città nutrita, e pratica
100Pensà dunque fratel come può essere,
chi non ami costei, che è possibile
uno virtuoso amor per tempo stessere
Or non è più da miei occhi visibile
così piangendo e miei affanni svanico
105vedendo lo sperare mio esser fallibile
Quinci narro e miei guai el mio ramarico
sospiro e piango il mio longo discrimine
e del suo amor mi trovo ogn’or più carico
Lei non riveggio in questo nostro crimine
110poi che parti, e io per queste grottole
vo stenando per lei senza mio crimine.
L'affetto ho ’l canto e recitar le frottole
ne so per consolar ove recovere
se non fra fiere venenose e nottole.
115Lassato ’l gregge mio, fra sassi e rovere
in man de lupi andar a suo dominio
ne mi curo se vuol tonare, o piovere