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e di Soldati Italiani. 87

dono generale1, e della restituzione de’ beni tutti a quelli, che abbandonassero le insegne di Svezia, e ritornassero all’antica ubbidienza. A questi maneggi cooperò molto il Piccolomini colla soavità del trattare. Usò ogni cortesia alle Città, e terre, che volevano conservare buona corrispondenza co’ suoi. Impedì che non fosse fatto loro verun male. Incapace di dimorar in ozio, il Piccolomini proseguì le conquiste. Giunto sul fiume Sala a Neoburg, lo tragittò con due mila Moschettieri, secondati da molte Truppe di Cavalleria. Fece impressione non preveduta ne’ Borghi di Morsburg, e dopo forte resistenza se ne impossessò coll’acquisto di molte ricchezze, e prigionia di parecchi nemici. In quella Città giaceva infermo il Banner, d’onde volle esser trasportato in Alberstad. Dopo giunto colà, sorpreso da nuovo parosismo terminò i giorni suoi. I gran patimenti, e le continue vigilie, sofferte nell’ultima sua ritirata, gli abbreviarono la vita nel più florido della virile sua età. La natura lo formò similissimo nel sembiante, nella statura, nel portamento al Re suo Signore; onde più volte fu preso sbaglio, e creduto quello che non era. Coll’uguaglianza del corpo congiunse l’uniformità de’ gran pregi, e delle abilità, segnalate di spirito, colle quali governò eccellentemente le armate, ed operò quelle grandi azioni, che vengono descritte dagl’Istorici, toccate compendiosamente nelle presenti memorie.

Nel mentre, che gli Svezzesi stavano involti nel lutto per la perdita del loro Generale, e aspettavano la venuta del nuovo Capitano Supremo Leonardo Tosterdon, l’Arciduca Leopoldo deliberò di passare nel Ducato di Bransuic al soccorso della Città di Volfembutel. Stavano al blocco di quella Piazza Svezzesi, Luneburghesi, Hassiani, i quali per ostare agli assalimenti Cesarei allargarono le trincee, e fortificarono il Campo con forti ridotti, e tenaglie, affine di renderlo inespugnabile ad ogni ostile attacco. Inalzarono nello stesso tempo i sostegni, co’ quali facevano rigurgitare le acque del fiume Oker dentro la Città sino all’altezza in alcuni siti di otto piedi, per sommergere gli abitanti, e la guarnigione, sicchè fossero ridotti a necessità di capitolare. Arrivato l’Arciduca in quelle vicinanze, fece ritirare il bagaglio, risoluto d’azzardar la battaglia, se ve n’era bisogno2. Concertò, che il Piccolomini con parte dell’Esercito attaccasse lungo gli argini, che tengono in collo il fiume Oker; mentr’Egli assalirebbe altro quartiero. Andò il Piccolomini, e passati alcuni pantani, aggredì, e respinse tra l’acqua, e la collina alcuni squadroni del Conte di Nassau, e del Tubaldel Svezzese sotto il Cannone de’ loro Forti. In questo conflitto si segnalarono D. Camillo Gonzaga, e il Mercì. Allora tutto l’Esercito Cesareo s’avanzò all’attacco delle trincee. Gli assalimenti tanto

  1. Bisaccioni pag. 450.
  2. Istoria del Gualdo dal 1640 sino al 1646 pag. 62, 63.