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e di Soldati Italiani. 81

to il Leganes, e conferita a lui la carica di Generale in capo. Il Torrecuso s’accorse questa essere la vera cagione, che impediva la presa di Lerida; E però, smontato da cavallo, rassegnò il comando, e si dichiarò, che avrebbe servito colla picca sulla spalla nel primo terzo Spagnuolo. In fatti, presa la picca, si portò a piedi alla testa di quel reggimento. Azione tanto generosa, ed ammirabile, che riempì di stupore tutto l’esercito, da cui più volte fu gridato: Viva il Torrecuso.

Capitato il Leganes partì il Torrecuso verso la Corte, dove poco dopo intese la sfortuna accaduta al Leganes, che stato per lo più infelice nelle imprese d’Italia, aveva trasportata dietro a sè la nemica sorte anche in Catalogna. Il Re Filippo rimunerò il Torrecuso col titolo di Grande di Spagna, gli fece mercede di quanto seppe dimandare, e gli permise l’andar a Napoli col trattenervisi per quattro mesi. Ritornato l’anno seguente in Ispagna, nell’andare alla Corte passando per le Città v’era ricevuto con incredibile applauso. Si spopolavano le terre per uscirgli incontro, e venerarlo. Il Re Cattolico lo accolse con istima singolare, e a lui destinò il comando contra de’ Portoghesi. Giunto egli su quelle frontiere, unì le soldatesche; riformò la militare disciplina assai mancante; si guadagnò l’amore degli abitanti, e molti ne allettò ad arrolarsi sotto le insegne reali. Con pochissimo denaro provvide le soldatesche di munizioni da bocca, e da guerra. Avendo poi consegnato l’esercito ad altro Generale, questi colla sua infelice condotta si lasciò battere da’ Portoghesi. Afflitto dalla disgrazia, il Torrecuso uscì egli in campagna, ed azzuffatosi col Comandante Portoghese, benchè più numeroso di gente1, lo disfece colla morte, e prigionia di molti.

Trovandosi ormai in età cadente col corpo, macerato dalle lunghe fatiche guerriere, chiese il Torrecuso licenza di ripatriare, come ottenne. In Napoli fu ricevuto a grandi onori. Ma quando si figurava di riposare, l’amor grande al servigio del suo Re, e il bene della patria lo persuasero, a sagrificare la vita con riassumere il comando d’altro esercito in istagione caldissima sotto Cielo insalubre, perchè nelle Maremme di Siena, affine di liberare Orbitello dall’assedio postovi da’ Francesi sotto il Principe Tommaso di Savoja. Giunse in quelle vicinanze, e fatti ritirare gli assedianti, mentre applica a munire meglio la piazza, contrasse grave infermità. Condotto a Napoli, e munito de’ Santi Sagramenti a’ sei d’Agosto del 1646 in età di sessanta sei anni con faccia serena abbracciò la morte da lui incontrata per avanti in tante battaglie, senza mai paventarla. In Africa, nel Brasile, nell’Oceano, e nella maggior parte delle provincie d’Europa, o combattendo, o comandando per lo spazio di sopra quarant’anni, lasciò memorie illustri d’eccellenti virtù militari, per le quali non fu inferiore

  1. P. Filamondo suddetto, Vita del Torrecuso.