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e di Soldati Italiani. 77

Allora i Spagnuoli risolsero d’attaccare il monte, che ad occidente domina la Città. La sua ascesa è scabrosa, e difficile a superarsi. I poggi più accessibili erano stati muniti da’ Barcellonesi con trincee, e con soldatesche, tra’ quali trecento Francesi. Alquanti bombardieri della medesima nazione oltre a’ Marinai, cavati da’ Vascelli, governavano molti pezzi d’artiglieria minuta, distribuita ne’ siti opportuni. Alture così ben guernite non erano luoghi, da guadagnarsi a forza d’un primo, e subitaneo assalto. In questo secolo le abbiamo vedute sostenersi per due settimane contra un formale assedio da’ medesimi Barcellonesi con poco ajuto di stranieri.

Il Torrecuso, dovendo ubbidire, dispose i battaglioni, che dovevano ascendere all’acquisto della Montagna, e il di lui figlio Duca di S. Giorgio assunse l’incarico, d’impedire le sortite dalla Città colla Cavalleria. Gli Spagnuoli furono ributtati nell’assalto. Le artiglierie ben maneggiate da’ difenditori della montagna dietro a’ loro ripari, ne fecero strage. Uomini, e donne, usciti dalla Città, concorsero a menare le mani, e a rendere inespugnabili que’ siti. Molti Ufficiali, e Nobili venturieri, concorsi da più Provincie di Spagna a servire il Re, vi lasciarono la vita, o rilevarono gravi ferite1. Il Duca di S. Giorgio, posta in fuga la Cavalleria Francese, mentre si lasciò trasportare troppo oltre dalla naturale arditezza, s’avvicinò al rastello della piazza. Quivi cadde in un’imboscata, da cui fu colpito nel petto da tre palle. Altra moschettata, venuta dalla muraglia, l’offese malamente. Le quattro ferite poco dopo gli diedero la morte. Fu onorato dalle lagrime di tutto l’esercito, che compianse la perdita d’un eccellente Guerriero. Il Marchese Padre, inteso il caso, umiliossi genuflesso avanti a Dio, baciò la terra; e rassegnandosi al sovrano volere sagrificò a Dio il suo dolore, e al servigio del suo Re un figlio, in cui risplendevano pregi stupendi in copia. Lo stesso Filippo quarto con lettera di propria mano si degnò di consolare l’afflitto Genitore. Il Duca estinto chiamavasi Carlo Maria. Da fanciulletto mostrò gran senno, grande vivacità, e gran propensione a’ maneggi dell’armi. Cresciuto, apprese in eccellenza qualunque esercizio Cavalleresco. Alto di statura, bello di presenza, modesto nelle conversazioni aveva con eccessiva cortesia, e con tratti gentilissimi guadagnata la benevolenza di tutte le nazioni. Di vent’anni in grado di Capitano passò in Lombardia, indi in Alemagna. Nella battaglia di Norlinga fu più volte in pericolo di perdersi in mezzo al fuoco, e alle palle ostili, sempre imperterrito, e costantissimo. Chiamato in Ispagna alle prime dignità tra le milizie, operò quanto fu scritto a Salsas. Di soli ventiotto anni terminò il vivere.

Riuscita infelice la spedizione contra Barcellona, l’esercito Spagnuo-

  1. P. Filamondo pag. 168.