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52 Azioni di Generali

cò i Corazzieri, e gli respinse. Ma il Piccolomini con altre Corazze1, e il Gambacorta co’ Cavalli Napolitani se gli avventarono sopra con tal impeto, che sbaragliarono le genti nemiche, e tolsero loro cinque stendardi, due il primo, e tre il secondo. Vennero altri Squadroni Svezzesi in ajuto de’ suoi percossi. Si combattette con virtù pari dall’una, e dall’altra parte. Finalmente il Piccolomini co’ suoi, e il Gambacorta co’ Napolitani costrinsero i Cavalli Svezzesi a dar’addietro, e ad allontanarsi sempre più dalla loro Fanteria.

Ben quindici volte in cinque ore il Generale Iforn co’ suoi Svezzesi ritornò alla carica, per superare le tre mezze lune; ma nulla profittò. Le file dei di lui pedoni, a misura che s’avanzavano, cadevano distese a terra per il fuoco ben regolato, e violento de’ Napolitani, e degli Spagnuoli, che ne facevano strage. Il General Iforn, vedendo sempre peggio distruggersi la propria Fanteria senza verun guadagno, pensò a riunirsi col Vaimar, e fare la ritirata2. I Lombardi del Guasco, e del Panigarola si congiunsero a’ Napolitani. Discendendo dal Monte, incalzarono l’Iforn. Giunsero prima di lui ad un bosco. Erano fiancheggiati dal Piccolomini, e dal Gambacorta colla Cavalleria. Il Galasso, attento a tutte le occorrenze, spinse D. Luigi Gonzaga, e D. Paolo Dentice con altre Truppe Lombarde, Napolitane, e Alemanne, ad augumentare la loro possanza. I Lombardi, occupato il posto della Selva, si collocarono in mezzo tra l’Iforn, e il Vaimar, con che impedirono l’unione d’ambidue. Sostennero bravamente la pugna, nella quale il Panigarola dopo lungo contrasto colpito in gola da moschettata morì. Il Guasco ferito nella coscia, e nella destra si sforzò di perseverare nel conflitto; finattantochè non potendosi più reggere in piedi, nè impugnare la spada, fu costretto ad uscir dalla mischia. Però la mancanza de’ due Colonnelli non intiepidì punto ne’ Lombardi la fermezza, e il vigor del combattere. Allora i Battaglioni, e gli Squadroni Svezzesi furono incalzati da tutte le parti. Uscirono dalle insidie que’ Cesarei, che come dicemmo altrove, erano in aguato dietro il Monte; Essendo gente fresca finirono di rovesciare le genti dell’Iforn. Tagliarono a pezzi la Fanteria, e posero in aperta fuga i rimasti a Cavallo. L’Iforn, e il Gratz si tennero tuttavia fermi, per mettere in salvo qualche corpo di gente. Ma l’uno, e l’altro, circondati, dovettero darsi prigioni. Sulla sua sinistra il Duca di Vaimar, combattendo nella pianura fra un bosco, e Norlinga, erasi cavata la voglia di menar le mani; ma affrontato dalle Truppe del Re Ferdinando, e del Duca di Baviera, più numerose delle sue, e niente meno coraggiose, che si cimentavano sotto gli occhi di Sua Maestà, e dell’Infante, per doppio titolo di gloria, e di ricompensa, dopo più ore di pugna rimase disfatto. Stette però costante il Vaimar, finchè gli

  1. P. Filamondo suddetto pag. 316.
  2. Co. Gualdo Vita di Ferdinando III, Guerre di Germania; P. Filamondo, ed altri Istorici, che descrivono questa battaglia.