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e di Soldati Italiani. 49

congiungersi seco per far fronte a’ nemici, e per sostenere l’assedio. Il Cardinale vi giunse prima degli avversarj. Erano nel di lui Esercito sette reggimenti di Fanti Italiani1, quattro venuti da Napoli, e tre arrolati in Lombardia: I primi sotto D. Carlo di Sangro Principe di S. Severo, D. Gasparo Toraldo, il Marchese di Torrecusa, D. Pietro di Cardenas; i secondi sotto il Marchese Lunati, D. Carlo Guasco, e Conte Panigarola, in tutto sei in sette mila Fanti. La Cavalleria poco meno di due mila Cavalli sotto i Generali Gambacorta, e Dentice.

Il rimanente dell’Esercito Cattolico consisteva in due terzi di Spagnuoli, ed in altri corpi di Borgognoni, ed Alemanni al soldo di quella Corona: in tutto dodici mila Fanti, e tre mila Cavalli. Il Re d’Ungheria tra’ suoi, tra’ Bavari, e tra’ Lorenesi, comandati dal proprio Duca, contava da diciotto mila Uomini in circa. Non tutti però combatterono in questa giornata, perchè alcune schiere rimasero attorno a Norlinga per tenere in freno quel presidio. Altre non ebbero campo da cimentarsi; perchè prima che fossero mosse, erasi conseguita la vittoria. Inferiori erano gli Svezzesi, e gli Alemanni, diretti dal Duca Bernardo di Vaimar General supremo, dal Conte Iforn Capo degli Svezzesi, dal Conte Gratz, e da altri Alleati. L’Iforn dissuadeva a tutto potere la battaglia per allora, ed esortava che prima si attendessero le truppe del Ringrave molto prossime, e le altre del Duca Guglielmo di Vaimar. Ma il Duca Bernardo la volle assolutamente, confidando assai nelle proprie Soldatesche, che veramente erano ottime in ogni genere di disciplina militare, d’intrepidezza, di costanza, e di valore. Disprezzava sopra tutti gl’Italiani, che spacciava incapaci di resistere agl’impeti regolatissimi, robustissimi, e ferocissimi, con cui i suoi gli assalirebbono.

S’avanzarono per tanto vicinissimi agli Austriaci, senza che questi sapessero d’averli assai prossimi. Allora fu comandato il Priore Aldobrandino, per esplorare, se colà fusse l’Armata tutta de’ Protestanti, oppure qualche grossa partita. Poche Truppe gli furono date per quest’effetto. Ed egli, che aveva osservata la moltitudine ostile, chiese stuolo maggiore di Soldati, con dire, che quelli, che gli venivano consegnati, erano scarsi al bisogno. Ciò non ostante, per non udirsi rinfacciare un rimprovero, solito ad uscire dalla lingua de’ Tedeschi, che gl’Italiani sono troppo guardinghi nelle operazioni, si scagliò come un Lione contra la Vanguardia nemica, condotta dal Gratz. Assistito da alcuni Cavalieri Italiani di suo seguito, rovesciò le prime file nemiche, e fece perire parecchi Uffiziali, e Soldati avversarj. Ma circondato, ed oppresso da numero superiore, vi lasciò la vita. Al vederlo cadere a terra, si perdettero d’animo i proprj Soldati, e rincularono al proprio campo. Sopraggiunse il Galasso, animò, e rimise i reggimenti scon-

  1. Gualdo: Vita di Ferdinando terzo pag. 487.