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e di Soldati Italiani. 227

venti barche Turchesche, cariche di polvere, viveri, e Cannoni. Arrivò finalmente il General Polland con quattro reggimenti di Corazze, e due d’Ussari. Sopraggiunsero pur anco i Brandeburghesi. L’aria stemperata, e la stagione irrigidita avevano cagionate malattie copiose nel Campo Cesareo. Da cinque mila ve n’erano distribuiti negli Ospedali campestri col Generale Staremberg. Il Caprara giudicò meglio il prevalersi de’ venuti di nuovo, per rimpiazzare il vacuo degl’Infermi. La somma dell’impresa, al parer suo, si riduceva, a chi potesse più pazientare, e tollerare. Il giorno de’ ventitre di Settembre turbini impetuosi di venti con pioggie foltissime si scaricarono sopra quelle campagne.

Empirono d’acqua gli aprocci Monsulmani, ed obbligarono i soldati a perseverare in mezzo ad essa, o nel pantano sino al ginocchio. Le vestimenta erano rese molli. L’uno, e l’altro esercito pativa assaissimo; ma meno assai i Tedeschi, perché collocati in sito alto, d’onde scolavano facilmente le acque al basso. Godevano qualche riparo dalle Case di Peter-Varadino. Laddove i Padiglioni degl’Infedeli erano inondati da torrenti, che dilatavansi per quelle Valli. E però il Gran Visir risolvette di decampare. L’ultimo del mese da tutte le batterie scaricò palle frequentissime, e continuate. E già i Cristiani si apparecchiavano, a sostenere un generale assalimento. I minatori colle micchie alla mano erano pronti a metter fuoco ne’ fornelli. La mattina seguente capitò un disertore, il quale avvisò come la notte, ritirate le artiglierie, abbattute le tende, erano i Turchi, non ostante l’orrida giornata, mossi in marcia accelerata verso Belgrado. Il Caprara spedì loro addietro gli Ungheri, che catturarono, o uccisero molti infermi, lasciati indietro dal Visir nel viaggio affrettato, per timore di essere inseguito. Ma non volle il Caprara progredire a mosse ulteriori in paese ineguale per alture, e bassure, capaci d’imboscate, ed allora mezzo disfatte da’ fanghi, e dalle pioggie. Attese a ristorare con ogni specie di fomento i proprj soldati, de’ quali fu sempre padre attentissimo, a non avventurarli fuor di proposito, e premuroso di conservarli in sanità, e in forze corporali, per averli pronti ad imprese sicure. Lo strapazzo delle milizie fa perder gran numero di buoni, e Veterani soldati, i quali poi non si rinnovano così facilmente. Trasportò le sue genti dall’altra parte del Danubio, abbondante di vettovaglie, dove respirassero aria migliore dopo un’oppugnazione di ventidue giorni. Ordinò, che si dirizzassero ponti sul Tibisco, e sù gli altri fiumi, per poter foraggiare più alla larga, ed avere libertà pronta ad impedire le scorrerie nemiche.

Licenziò il Veterani per il ritorno in Transilvania, e il Polland, perché andasse al Maras. Provvide Peter-Varadino di tutto il bisognevole, ed augumentò di due mila uomini la solita Guarnigione, a cui fece dispensare accrescimento di paghe, perché avessero coraggio da tollerare gl’incomodi della futura vernata.