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e di Soldati Italiani. 221

civescovo fu fatto partecipe de’ Santi Sacramenti. Indi con tutte le solennità maggiori di quel Paese se gli celebrarono pomposissimi funerali fra le lagrime di tutti, che lungamente lo compiansero, qual Padre comune. Era amato con tanta svisceratezza, come se fusse Re d’Albania. Quasi se lo figurassero essi un novello Re Pirro, destinato dal Cielo, a rialzare gloriosamente l’antica felicità della loro nazione. Tenevano ancora disseminato tra loro un certo Presagio, che prometteva ad essi in avvenire un Monarca, il quale godesse per trastullo di condurre seco pellegrini animali; e perchè il Piccolomini si dilettava assaissimo d’aver seco Bestie forastiere, anco in campo, que’ Paesani si diedero a credere, che sopra di lui cadesse quel Vaticinio. La medesima amabilità di tratto, soavità di costumi, e gentilezza di conversare, lo rendevano caro agli Ufficiali d’altre Nazioni, non così facili a gradire la compagnia degl’Italiani. L’Imperatore si dolse al sommo della perdita di Capitano cotanto insigne, perchè si prometteva, che dovesse divenire superiore, o almeno eguale al celeberrimo D. Ottavio Piccolomini, da lui conosciuto, che già fu per grandissime benemerenze elevato dal Padre Ferdinando terzo alla dignità di Principe, come di lui, e delle di lui gesta egregie si è favellato altrove.

Al defonto Piccolomini fu surrogato da’ Cesarei il General Veterani. Questi, trovandosi assente, scrisse ordine espresso, e pressantissimo al Colonnello Strasser, rimasto al comando della Cavalleria Cesarea nella Servia, di tenersi sulla difensiva, e di non arrischiare neppur la minima zuffa cogl’Infedeli. Ritirasse a Kasianika le schiere tutte più inoltrate: guernisse con ripari que’ siti angusti. In breve avrebbe di soccorso il reggimento Piccolomini. Lo Strasser, avido di gloria, ed impotente a soggettarsi agli altrui comandi, si dipartì in tutto dalle commissioni avute con danno suo gravissimo, e degl’interessi Imperiali1. Ricevette notizie d’alcuni mille Tartari, che vagavano in que’ contorni. Circa il numero variavano le relazioni. Egli prestò fede a quelli, che riportarono essere assai minori del vero. Quando se gli vide d’avanti, s’accorse dello sbaglio preso. Sul principio vi provvide schierando le truppe con i fianchi, coperti da una palude, e con un passo stretto alle spalle. Poi dubitando, che gl’Infedeli si dileguassero altrove, ed Egli perdesse l’opportunità di riportar un’insigne vittoria, deliberò di uscire in campagna più aperta. Tutti gli Ufficiali tanto maggiori, quanto inferiori lo scongiurarono, che non esponesse sè medesimo, e tutti loro ad un evidente sbaraglio. Conservasse a Cesare quelle veterane milizie, delle quali v’era sì gran bisogno nelle circostanze correnti. Osservasse la moltitudine vasta de’ nemici, che gli avrebbero circondati, e trucidati. Si contenesse nel posto preso, e si ricordasse dello

  1. P. Vagner Historia Leopoldi Cæsaris tomo 2 pag. 129.