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altri con profusione di denaro, e tutti con amorevolissime parole. Si prendeva cura de’ mali altrui, come se fossero suoi. Voleva, che quelli, i quali lo servivano negli uffizj domestici, facessero altrettanto per gli ammalati, e bisognosi. Dispiacque gravemente la di lui morte all’Imperatore, che conosceva la di lui pietà, aveva esperimentata la di lui fedeltà, e udita la di lui veemenza nel persuadere buoni consigli. Il Re di Francia, a cui fu inviato da Cesare, nell’udirlo, ne aveva concepito degna estimazione. Quanto gran Guerriero Egli fosse, può agevolmente comprendersi da altre imprese sue, e dall’ultima qui descritta. Egli medesimo, quasi presago del suo destino, prima di partire di Gratz, annunciò a’ suoi Confidenti, che più non avrebbe riveduta quella Città. Menò Moglie, che gli fu fedelissima dopo morte. Nel fiore dell’età sua rimasta Vedova, spese oltre a cinquanta anni di sopravivenza in esercizj di pietà, per i quali si rese celebratissima.

Dopo alquanti giorni il Gran Visir si mosse all’attacco del nuovo Forte di Sdrino. Era questa una fabbrica, lavorata senza buon disegno, e in sito disavvantaggioso. Il Conte Sdrino l’aveva eretto per ricovero a’ suoi Croati, che scorrevano, e depredavano le contrade prossime nemiche. Era angustissimo, malissimo fiancheggiato, e senza fosse. Ma peggio ancora riusciva, l’essere dominato da corona di Colli, attorno de’ quali si scopriva, quanto operavasi dentro il Forte, né dal Forte potevansi praticare sortite addosso gli aprocci, che discendevano di colà quasi tutti. Gl’Ingegneri consigliavano il demolirlo, per non consumarvi gente fuor di proposito. Ma sopra tutto dispiaceva al Montecuccoli, ch’essendo il Forte sul fiume, la sponda, su cui accampavano i Turchi, s’andava alzando, e rimaneva ingombrata da’ boschi, laddove tanto il ponte, quanto la sponda, su cui erano attendati i suoi e per cui s’entrava nel Forte, giaceva in sito basso, e scoperto a’ tiri nemici. Ciò non ostante fu determinato di difenderlo alla meglio, sì in grazia dello Sdrino suo autore, sì per occupare il Visir fin a tanto che fossero arrivati i Francesi, e quelli che mandavano i Principi dell’Imperio. Il Baron Vangurio, eccellente ingegnere Francese, applicò subito a migliorarlo. Fece scavare la fossa, e in essa piantar palizzate acute. Dispose cinque guardie al di fuori, lavorò mine, e contramine. Con fuochi artificiati d’ogni genere andò ritardando gli avvanzamenti Turcheschi. Ferito Esso gravemente, sottentrò alla difesa il Baron Tassi. Ogni giorno si dava la muta al Presidio, a ripartire il travaglio. Perché poi il Visir non osasse, divalicare il fiume Mura all’improvviso, fece il Montecuccoli alzare trincee sulla propria riva dal Dravo sino a Cotariba. Pose sulla diritta i Cesarei. Sulla sinistra gli Ausiliarj. Verso la fine di Giugno gl’Infedeli, aperte gran breccie, s’impadronirono del rivellino, e presero posto nel fosso. Dopo venti giorni di difesa sostenuta dal valore più che da’ ripari, il Baron Tassi scrisse al Montecuccoli il sentimento di tutti gli Ufficiali, che consi-