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e di Soldati Italiani. 147


La lieta novella della vittoria rallegrò la Città di Vienna, per altro ansiosa non poco, su quanto succedeva di qua del Danubio sul fiume Mura. I Generali erano discordi di parere. Le truppe discoraggite dal mal esito dell’assedio di Canissa, e la lunga assenza di Cesare da Vienna davano da temere. Camminando con languidezza gli affari, l’Imperatore volle, che il General Montecuccoli ripigliasse il comando dell’esercito. I di lui pareri non curati, l’essergli stato preferito il Conte Sdrino nell’oppugnazione di Canissa, la sede della guerra, trasportata in paese paludoso mal provveduto di viveri, e lontano dal Danubio erano ostacoli, che ritiravano il Montecuccoli dall’assumere quell’impegno. L’affezione, e l’ubbidienza, che professava a Cesare, lo determinarono ad andarvi. Quindici giorni dopo la ritirata da Canissa giunse al Campo vicino al nuovo Forte di Sdrino. Quivi ritrovò l’affare in istato peggiore, di quello erasi figurato; poichè il Gran Visir prima di battere il nuovo Forte aveva tentato di occupare cert’Isoletta formata dal fiume Mura, e da altro fiumicello. A mezzo Giugno nel levar del Sole, i Turchi su un monte dirizzarono tre batterie. Il Conte Strozzi, che ivi comandava, dubitò di qualche sorpresa, e però stette in guardia oculata. Fatta notte oscura, s’accorse, che un corpo di Gianizzeri salito su barchette con a fianchi otri pieni di vento, per sostenersi a gala, entravano nell’Isoletta con alcuni Cannoni. Lo Strozzi spedì un Capitano, valentissimo Uffiziale con cento Moschettieri, perchè ne cacciasse i nemici. Questi entrato nell’acqua, rimase ferito con molti de’ suoi dalle copiose scariche de’ Turchi, e però diede addietro. Allora lo Strozzi, riflettendo all’importanza di quell’Isoletta, raccolse sopra mille pedoni1. Con loro si gettò in mezzo all’acqua, salì sull’Isola, e ne cacciò i Gianizzeri coll’uccisione di più di mille, che già avevano alzati ripari di terra. Le batterie Turchesche fulminavano dall’eminenza prossima, ma non impedirono la strage degl’Infedeli. Chi fu presente al conflitto, soleva dire, che i Cristiani avevano operato più da Eroi, che da uomini, tanto era stata la fortezza, con cui pugnarono. L’allegrezza di quella vittoria fu funestata dall’uccisione casuale del Conte Pietro Strozzi. Nel mentre riceve le congratulazioni degli amici, una palla, uscita dal moschetto, non si sa di chi, lo colse nella tempia, e lo gettò tramortito da Cavallo. Fu creduto, che lo schioppo mal regolato si scaricasse da sè, come talora avviene. Dopo poche ore spirò lo Strozzi con afflizione universale di tutto il Campo. Era egli amatissimo per le egregie doti, che in lui risplendevano; ma sopra tutto per la Carità di lui verso d’ogn’uno, onde era chiamato il Padre de’ Soldati. Ad esso, come a rifugio sicurissimo concorrevano i feriti, i poveri, i miserabili. Altri ristorava col cibo, altri co’ medicamenti,

  1. P. Vagner. Vita suddetta tomo primo pag. 153, 154.