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e di Soldati Italiani. 145

nelle Provincie Ereditarie. Il Duca di Firenze spedì a Trieste quantità grandissima di polvere, ed assegnò cinquanta mila Fiorini, che aveva nel Regno di Napoli, Il Re Cristianissimo, pregato con ispeciale ambasciata, vi trasmise quattro mila Fanti, e due mila Cavalli sotto i Generali Colignì, e Fogliada. Tanto poi fu il concorso della nobiltà Francese, accinta al viaggio, sicchè convenne moderarlo.

D’inverno volle il Conte Sdrino, che si cominciasse la Campagna. Avidissimo di gloria, propose di saccheggiare la Schiavonia, ed occupare la Città delle cinque Chiese. L’espedizione, ventilata nel consiglio di guerra, dispiacque a tutti. Pure convenne contentarlo, perchè stesse quieto. Cesare gli concedette sei mila Tedeschi sotto il Conte d’Holac, a cui aggiunse Egli dieci mila Ungheri e Croati. Espugnò la Città di cinque Chiese, non però il Castello. Trascorse al celebre ponte di Esek. Ivi il Dravo, spandendosi dal lati sinistro colle sue inondazioni, vi distende ampie paludi per più miglia. E perchè il travalicarle ritardava la marcia degli eserciti, il Gran Solimano col travaglio di venticinque mila guastadori in dieci giorni vi dirizzò un ponte, lungo otto miglia, capace di sostenere il passaggio sicuro d’un’intera armata. Ove le acque sono più profonde, ivi stavano barche concatenate insieme; ma ove eravi solo pantano, o pochissimo fondo, sopra fascine, e tronchi d’alberi ben legati insieme stava disteso il tavolato. Ne’ siti, ne’ quali il terreno era più sodo, ivi s’alzavano piccoli Forti per difesa, come anco all’estremità. Sugli ultimi di Gennajo lo Sdrino superò d’assalto Darda Castello sul confine. Attaccò fuoco, e consumò tutti i materiali del ponte, ed altri apparecchiati, per ristorarlo. Quest’impresa alzò gran strepito; ma recò poco utile.

Allora lo Sdrino propose l’assedio di Canissa, Piazza resa fortissima dalle paludi larghe, e profonde, che l’attorniano. Certo Ingegnere Vasberg s’impegnò, di ridurla alla resa in poche settimane. Si sperava nel Governatore, di cui spargevasi, che venuto da discendenza Cristiana, dopo apparente difesa, si sarebbe reso. Consultati i Generali, D. Annibale Gonzaga, e il Montecuccoli, si opposero con forti ragioni. Ciò non ostante volle Cesare soddisfare lo Sdrino. Assegnò sei mila de’ suoi col Conte Pietro Strozzi. L’Holac vi aggiunse tre mila, venuti dall’Imperio. Quattro mila Ungheri vi condusse il Co. Sdrino. L’Holac attaccò a Ponente: lo Strozzi a Levante. Avanzò questi a trenta passi della Piazza. Assistendo a tutto, e vedendo i suoi star addietro per sortita nemica gli fece ritornare al porto, e combattere. A’ venti Maggio fu ferito gravemente nel braccio. L’assedio andò male per più capi, cioè per l’imperizia dell’Ingegnere ne’ lavori da farsi sul terreno paludoso, per le sortite gagliarde de’ Turchi, che bruciavano in pochi momenti i travagli di fascine, e legnami, costrutti in quindici giorni, per le artiglierie capitate al Campo troppo tardi, per il poco numero degli assedianti, per la mancanza di molti attrezzi, che