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Libro Undecimo. 311

vivevamo contenti della nostra sorte. Non si contentarono gli Cittadini, che non havendo più in che perseguitarci ne beni stabili, e nella borsa, si diedero a perseguitarci nelle proprie vite, facendoci di quando, in quando torre dalli arratri alle priggioni: Considera, giustissimo Prencipe, le nostre cause, sarà possibile, che quella tua innata pietà non compassioni tante nostre sciagure.

Da tante violenze, ed oltraggi provocati, fussimo sforzati riccorrer all’armi, ci restava questo solo refuggio per aiutarci, non già acciò, scacciato, e sbandito Te, nostro amato Prencipe, è padrone dalla Città, volessimo dominare. Il che ben sovente fecero congiurati contro gli lor Prencipi molti Cittadini, alla scoperta si ribellarono questi dalli Vescovi, se poi si siano mossi dal duro giogo, e tiranide de magistrati, o pure d’estrema, è precipitosa ambitione di regnare, non ci è palese, ne à noi toca indagare quello, che non s’aspetta alli presenti nostri affarri, ben sappiamo, che gli fecero inauditi oltraggi, misero alcuni con ogni vituperio in ceppi, in oscure priggioni, altri sforzarono starsene lontani, sbanditi dal lor Vescovato, & essi con ogni temerità s’impadronirono della Città, e distretto.

Non habbiamo noi tentate cose si infami, mai desiderassimo fosse scacciato il nostro Pontefice, ne meno bramassimo Magistrati, ne Principati, meno richezze, ma ben si habbiamo procurata l’involataci nostra libertà. Animi generosi non puon senza di quella vivere, se perderla son constretti, anco la vita con quella prodigono volontieri; Non rovina l’una senza l’altra. Meno desiderassimo esser tanto liberi, che non volessimo riconoscere Te, e le tue leggi, fussimo sempre ambitiosi d’obedirti, & star alle tue ordinationi soggetti.

Ci parve però strano, e cosa iniqua, che nati liberi, in paese libero, sotto Città libera, fossimo costretti servire all’ingordigia, e rapacità de crudeli Cittadini, è cosa pazza il persuadersi, che noi habbiamo voluto mover guerra alla Città, e Chiesa di Trento, qual tante volte diffendessimo con l’arme in mano da suoi nemici, anzi deve ciascuno giudicare, che essendo noi stati senza ogni raggione esclusi dalle porte della Chiesa, e scommunicati, niun’altra cosa più ci provocasse à sdegno, che l’esser privati de beni, è ceremonie della Religion nostra Christiana, e quello che ci era prohibito per mal affetto, e malignità d’alcuni malvaggi Cittadini, determinassimo ottenere al lor dispetto: è restituire à San Vigilio, padron del nostro Vescovato, e protettore in Cielo, dator, è dif-