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Libro Decimo. | 259 |
presi Lepri. Non potiamo più (che cosa inhumana) assaggiare, ne godere quello, che gli campi portano per gli nostri sudori. Se ci scorgono mangiare qualche frutto, ò un poco di formaggio ci perseguitano implacabilmente, pertenersi (dicono) cotai frutti alla mensa reale, non esser cibi da Villano, manco cosa convenevole, che un huomo rusticano usurpi gli cibi proprij à Prencipi.
Siamo per ciò banditi come ribelli. Dio immortale mangiaremo à guisa de Porci giande. Volesse pur il Cielo, che le potessimo, al costume degli antichi mangiare liberamente.
Se vogliamo, conforme alla pietà Christiana ricerca, ricevere sotto gli nostri tetti qualche straniero amico, per ristorarlo con qualche brindese dalli suoi travagli, e stanchezze, siamo subito tassati d’haver comessa enorme iniquità, restiamo rei d’haver spallegiato banditi, e persone condenate, à forza veniamo da Birri condoti per le Città, d’ogni parte concorrono genti per vedere gli ministri di giustitia, à guisa di valorosi soldati, che carichi di spoglie se ne ritornano dalla guerra, si mostrano gloriosi, con milla ingiurie, & risa ci scherniscono, restiamo chiusi in oscura, e ben custodita carcere, se restò qualche cosarella della povera suppelletile la involano. Per tutto v’è l’incanto, in ogni luogo ci sono chi comprano le cose confiscate. Mai sono lasciati vivere in pace gli poveri bifolchi; gli miseri coltivano la terra, e sempre vengono inquietati da nuove essationi, è impossibile (dicevano) che in Italia sijno in tal guisa ingannati. Ove se la fama ci dice il vero, impongono à quei populi innumerabil pecunia, indicibil tributi, quali sarebbon all’altre nationi intollerabili.
Sono infiniti gli aggravij con cui ci affligono; Gli mali quanto più patientemente si sopportano maggiormente si rendono gravi. Questi Prencipi, & altri ricchi, che frà le mura delle Città vivono agiatamente, consumano malamente in lussi, e bagordi le ricchezze, aquistate con le fatiche, & industrie nostre, spargono, & spendono senza misura l’oro, & argento, mentre gli nostri figlioli per la fame, e freddo resi deformi, tengono bisogno d’un poco di polenta. Mantengono Cani, Cavalli, Concubine, fano la lor vita nel campo florido de tutte le delicie, e mentre noi poveri Contadini scopiamo sotto l’arduo giogo delle fatiche, quelli distesi se ne stano nelli letti d’oro addobati, ronfando supini con il ventre al Cielo, ò pur inganando gli anni frà gli giuochi, & bichieri, mai s’invecchiano lasciano per pigritia irruginirsi l’inge-