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236 | Delle Croniche di Trento |
re per resistere alle diverse loro stratagemme, & minaccie. Dunque perderemo il luogo, del qual si ritroviamo in possesso. Si sforzano quelli privarci, & abbaterci, stiamo noi stabili etiandio con l’impiego delle proprie vite, in diffendere il posto, faciamosi la strada, quando anco fosse per mezzo delle lancie affine di conservar gli patrij privilegij, per non perder l’antica nostra libertà. Dirò meglio. Molte fiate Serenissimi Prencipi si fà guerra, acciò ne seguiti una pace, Mai di deve sturbar l’otio della pace per spalancar le porte ad una sanguinosa guerra, l’un, & l’altro stà in vostro petto. Se vorrete dichiarare Imperatore, & Re de Romani il Francese, ci soprasta l’ultima miseria, se l’Alemano il centro d’ogni felicità, una santissima, & perpetua pace ci vien promessa. Più in questo punto prudentissimi Senatori ci potete giovare frà le domestiche mura, che con gli Eserciti gli Capitani armati in Campagna, potere prevalerci della vostra auttorità con tanto decoro, che niuna violenza ve la può involare. Non stima la Germania le squadre armate de Francesi Celti, teme assai la vostra decisione, & auttorità. Conturba, & affligge le nationi tutte la vostra deliberatione da farsi circa l’elettione del Re de Romani.
Quando il mio raggionamento fosse con persone leggieri incostanti, & timide, sarebbe mio debito esortar, dar animo, si riducessero à memoria, che quando sono assediate le Città, vengono le mura di quelle diffese da Cittadini, quando vengono combatuti gli animi, esser cosa d’huomini forti, & costanti, qual voi in più casi foste esperimentati, non partirsi dal giusto, ne lasciarsi pregiudicare nell’auttorità, manco levarsi il proprio posto, ove fà mistieri d’animo più che virile. Ma essendo cosa à tutti manifesta, che l’integrità dell’Altezze Vostre non si può conturbare per timore, nè per avaritia piegare, ò corompere, ogni raggion vuole speriamo da suoi sane determinationi quanto può giovare à noi, & à tutto il mondo. Non si deve da si saggio concistoro aspettare altrimenti. Siete da tutti gli ordini, & conditioni di persone stimati prudentissimi. Ciascuno vi conosce per tali, & vi chiamano giusti, forti, & costanti. Intendo, che molti, e soggetti anco qualificati sono da questo suo, & mio parere d’eleger Carlo diversi, la cui auttorità dalle Altezze Vostre, assai è stimata; in questa causa non tanto si deve procedere con auttorità, quanto con fondatissime raggioni, l’auttorità sola senza esser appoggiata al giusto, conduce ben spesso al precipitio. Questi stessi non san negare quanto diciamo di Carlo, cioè che ci soprastijno lunghe, gravissime, & crudeli guerre, che l’inimico sij un crudel Tirano, per tutti gli capi implacabile; Contendono solo non esser bene commettere un Imperio ad un Prencipe giovinetto, & che ciò sarebbe un poner à pericolo tutta la Religion Christiana, che quell’età da per sè e lubrica, e sdruciolosa, traboccando di quando in quando in diverse cadute.