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230 | Delle Croniche di Trento |
certissimi quei Regni dover esser felici, & fortunati trovandosi esser governati d’un simil Prencipe. Dico quella Spagna medeme, che non conosce pericoli, non teme morti, che è prodiga di sangue, quella che si vide avanti gli piedi mancare in una sol giornata tante migliaia d’huomini, quella, che lasciò stesi in terra tanti cadaveri de Cartaginesi, quella che domò in battaglia il Romano orgoglio, reportò trofei da chi teneva il mondo tutto in tributo, quella, che fece à nemici conoscere cosa fosse toccar violentemente gli suoi confini, ributandoli da quelli con lor gran scorno, & danno, quella, che più volte oppressa da formidabili squadre nemiche riempì i Fiumi del lor sangue, quella dico, non hebbe ardire opporsi à Carlo, non hebbe fronte incontrarlo, con animo nemico. Testimonij sono anco tutte le genti, & nationi forastiere, di modo, che non trovasi più luogo, ove non sij arrivato il formidabile nome di Carlo, & l’indicibile aspettatione di cose prodigiose, che dal di lui valore s’attende.
Sapete quanto habbi giovato à Carlo la propria virtù? quella virtù dico mirabile, e Divina del guerregiare con cui si rompono, & vincono gli duri, ostinati, & quanto si voglia feroci animi delli huomini, & s’aprono le ben forte, & munite mura, à cui cedeono le procellose onde, benche sorde alle preghiere de mortali, obedisce la porpora de Re, à cui solo si deve gloria immortale, & eterna, & per mezzo della quale si trova anche aperta la strada al Regno de Cieli. Col beneficio di così invita scorta Carlo vinse avanti venisse, regnò avanti vedesse Regni, trionfò prima di venire à battaglia; Ne solo è possessore di cotesta virtù, ma possede anco le di lei compagne, solite à desiderarsi in un Imperatore, cioè innocentia, temperantia, fede, humanità, ingegno, & piacevolezza, quali quanto sijno perfette in Carlo stimo ogn’uno lo sappi, tutte sono in grado heroico, che da per se difficilmente potrebbonsi intendere, spicaranno maggiormente, & più facilmente s’intederanno in riguardo à meno perfette.
Io Generosissimi Prencipi non stimo degni del nome d’Imperatore quelli, che gli passati anni con officij di Capitani in Italia scorrendo per gli Territorij, & Castelli de Cittadini Romani, con quartieri de suoi Soldati, hanno rovinate, & distrutte più Città de confederati, che con l’armi quelle de nemici. Et forsi non sapete, che molte Terre sono state violentemente sacheggiate, à vista delli Capitani amici, da Soldati, mandati in lor aiuto? gli amici oppressi à forza, spogliati dall’avaritia, dalla libidine offesi nel honore, quali, esacrando, & maladicendo la crudeltà de Soldati Christiani, imploravano con braccie aperte la tirannide de Turchi, di modo, che quelli, da quali s’aspettavano soccorsi, & aiuti, gli han apportata l’ultima stragge nelle facoltà, & honore.
Ogni ragione dunque vuole crediamo non sij per riformare la già cadu-