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Libro Settimo. | 163 |
inquarterarono, & abbondantemente conducendo le vettovaglie per Mare con Vasselli gli sommistravano il vivere.
Gli luoghi più vicini à Laghi marini erano in tal guisa da Nicolò Conte di Petigliano Capitano dell’Esercito Generale con gran diligenza diffesi; giudicando cosa vituperosa che la virtù, havesse da cedere alla malvagità della fortuna. Gli Castelli, & altre Piazze, quali vedevano non poter conservare, l’abbandonorono senza presidij. Per il che nel primo assalto fù da Francesi preso Bergomo, Bressa, Crema, & molri altri luoghi. Ma Verona, Vicenza, Padova, Feltre, Belluno, Udine, & altri Castelli, che si ritrovano in quelle parti si resero, per non essere sacheggiati, à Massimiliano Imperatore ricevendo in oltre la servitù, & tributo. Imperoche vedendo, che da niuna parte si poteva sperare aiuto, anzi tutte le cose abbatute da ruine, ammazzamenti, & furti, come desperati gl’interessi Veneti, incrudelendo d’ogni parte gl’inimici, resi per le vittorie più insolenti, spaventati in oltre dalla crudel conditione de tempi, non sepero altro ripiego ritrovare, che darsi in potere di Cesare.
Trevigi già per paura abbandonano da Venetiani fù senza presidij di soldatesca da Cittadini diffeso il spatio di quaranta giorni, quali pur stavano attendendo l’Esercito Imperiale, con la medema persona per consegnar se, & la Città alla di lui discretione. Verona, essendo la prima Città, che racoglie quelli che vengono dalla parte settentrionale per l’Alpi Trentine in Italia, essendo stimata più commoda, & opportuna, in cui si trattassero gli negotij più ardui di stato, fù lungo tempo ricercato suggetto meritevole, qual saggiamente & con la dovuta prudenza, & fedeltà la govemasse. Non mancavano gli Venetiani per mezzo d’huomini seditiosi sollicitare, & tentare con gran promesse gli animi de Castellani; Ritrovavansi non pochi nella Città, che procuravano machinavano sempre cose nuove. Perloche conobbe Massimiliano esser necessario un huomo fortissimo sapiente, prudente, & destro al governo di quella Piazza, alla quale non manco si dovevano temere gli suoi, che gli proprij nemici. Perilche havendo con purgato animo quel sagacissimo Prencipe considerati tutti gli grandi, e d’acuto ingegno dell’Imperio (de quali n’era copioso) fece scielta di Giorgio Neidechgo, e lo stimò il più degno al qual comettesse il governo di quella forte, & potente Città.
Fù dunque eletto Giorgio frà tanti à quietare, regolare, & regere il stato di Veronesi. Risplendevano in questo Prelato unitamente gran sapere, virtù d’animo, & forze di corpo: Era la for-