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pagnare il re Ottone che si era recato a Roma, onde ricevere la corona imperiale. Ma intanto nel Trentino continuava la insurrezione di cittadini e vassalli, e tra questi si distinguevano i signori di Arco collegati coi veronesi, e coi bresciani, e i signori di Beseno uniti coi vicentini. Il vescovo si assicurò l’ajuto dei Sindaci di Trento, del conte del Tirolo, e de’ suoi proprii parenti; e riusci a reprimere la ribellione. I primi ad assoggettarsi e a giurargli obbedienza furono i signori di Beseno. Ulrico, figlio di Peregrino di Beseno, li 28 maggio 1210, ebbe l’assoluzione dal bando, e fu rimesso in tutti i suoi diritti e possessi, col patto che sia demolita la torre del castello di Beseno e riattate le vie distrutte, e rinunciato al credito verso il vescovo di 400 lire veronesi1. In questa stessa occasione si riconciliarono col signor di Beseno anche il conte del Tirolo e gli altri alleati del vescovo, promettendosi vicendevole oblio delle violenze passate.
Gli altri ribelli, percorrendo la Valsugana, aveano disertato varii possedimenti dei signori di Caldonazzo, preso castelli, saccheggiato comunità, e occupata la rocca di Povo, dalla quale minacciavano Trento. Il vescovo stesso si portò ad assediare coi suoi fedeli il castello. Il comune di Povo, a cui spettava la rocca furtivamente occupata dai rivoltosi, temendo che il vescovo la volesse distruggere, mandò suoi delegati a promettergli di fabbricargli a proprie spese entro un anno una casa munita ossia fortilizio degno di lui; ma Fe-
- ↑ Cod. Wangh., pag. 189.