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con due basti, un mantile, una tovaglia e due bacini, oltre ad un convenevole numero di soldati a cavallo bene armati e corredati, a spese di essa abbadessa; che al solo vescovo sia riservala l’avvocazia del monastero, colla cappella e palazzo nella sommità del monte, in cui possa il vescovo dimorare a piacere colla sua corte, mantenuto coi suoi famigliari e serventi a carico dell’abbadessa; finalmente (tralasciando per brevità i diritti di minor conto) che le appellazioni dalle sentenze dell’abbadessa e de’ suoi ministri portar si dovessero al tribunale del vescovo di Trento 1. In conformità di quest’atto solenne, furono in seguito rinnovate dalle abbadesse di quel convento le investiture feudali; finchè al tempo dell’arciduca Sigismondo, conte del Tirolo, e del cardinale Cusano, vescovo di Bressanone, essendo insorta qualche controversia, toccante lo spirituale, fra questo porporato e il monastero suddetto, le monache ricorsero alla protezione dell’arciduca, che, còlta la opportunità, si costituì loro avvocato e sottrasse quel convento alla ubbidienza del signore legittimo.

In questo medesimo anno 1204, il vescovo Corrado con un onesto componimento procurò di dar fine alla nojosa differenza del dazio di Torbole e di Arco, che lo aveva esposto ad un’aperta rottura col Comune di Verona, accorso a sostenere Odorico di Arco suo confederato, il quale aveva ottenuto la facoltà di erigerlo da Filippo re dei Romani, a danno del Vesco-

  1. Codice Wanghiano, pag. 154 e seg.