in semplice beneficio; il quale, non ostante il patronato dei Conti d’Arco e la bolla apostolica di conferma di quello, che ottennero nel 1535, fu sempre, per lo spazio di due secoli in qua, liberamente conferito dai vescovi di Trento, e tuttora si conferisce, senza la menoma contradizione dei suddetti conti. Ritroviamo bensì, essere stati messi in opera varii tentativi dai Conti d’Arco per far valere troppo ampiamente i loro diritti di patronato. Il primo fu nel 1562, in cui, morto essendo li 13 aprile 1561 il conte Francesco d’Arco, ultimo possessore investito, gli eredi presentarono alla Santa Sede per la conferma don Luigi Bernerio; l’altro nel 1576, quando, passato a miglior vita don Cesare, nominarono successore al vicario generale e suffraganeo di Trento, Gabriele Alessandrini, il conte Vespasiano d’Arco, avvalorando la nomina col produrre il documento di fondazione. Il terzo fu nel 1599, in cui i conti Guidobaldo e Prospero d’Arco impugnarono la nomina vescovile di Aliprando barone Madruzzo, decano di Trento. Nulla però giovò loro, avendo i vescovi di mano in mano, senza interruzione, messi al possesso di detto Priorato i provisti da loro, in vigore di due sentenze; l’una dell’ordinario, proferita in detto anno 1599 da Bertramo Pezzani, vicario generale di Trento; l’altra della Santa Sede, la quale, mediante il suo delegato Alberto Valerio, vescovo di Famagosta e perpetuo coadjutore di Verona, confirmò la prima a favore del cardinale e vescovo di Trento, Lodovico Madruzzo; scoperto avendosi, che nel transunto, per altro autentico, del documento del giuspatronato, presentato