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di Campo, vicario di Levico, scrive al maestro di casa, avere i ribelli, per rendere più costanti i loro seguaci, sparso che il vescovo di Bressanone fosse stato privato dall’arciduca della temporalità, e che il simile succederebbe in breve con quello di Trento. Li 26 luglio, i Consoli di Trento comandarono ai comuni esteriori di allestire il loro contingente dei due terzi dei soldati in aumento dei cinquemila pedoni, in esecuzione degli ordini avuti dall’arciduca e dagli eletti della provincia; alla lettura dei quali s’invitavano dopo il vespro del giorno seguente, nella casa del Comune, onde deliberare il bisognevole. Li 3 agosto l’arciduca Ferdinando scrive al vescovo nostro, che, se le cose sono composte, comandi il trasporto al loro luogo dei cannoni, che ora si trovano nel Castello di Trento; i quali, se abbisognassero di riparazione, vengano tosto rimessi in buono stato a spese di esso arciduca. Li 6 del mese suddetto, Alessandro conte d’Arco fa noto a Bernardo, che gli uomini di Cavedine, udito il comando vescovile, loro intimato dai suoi sudditi di Dro, avessero risposto di non riconoscere esso vescovo per loro signore, con altro parole ingiuriose; e che avrebbero uccisi tutti quelli uomini di Dro, che osassero ancora farsi vedere sul loro monte.
Li 12 di agosto, l’arciduca, come avvocato della Chiesa di Trento, e il vescovo Bernardo Clesio nominarono lor commissarii Carlo Trapp, Francesco di Castellalto, Antonio Quetta e Andrea Reggio, con autorità di sedare i tumulti e di esigere la rinnovazione del giuramento di fedeltà nel Trentino. La cittadinanza vi