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bidire ai comandi dell’arciduca e del vescovo loro signore; e minacciando, in caso opposto, di unirsi ai tirolesi per obbligarveli colla forza. Li 2 luglio, Graziadeo Burato, vicario di Levico, informa Bernardo, che il giorno antecedente arrivò un certo nunzio colla relazione che l’arciduca voleva che i sudditi Levicani ubbidissero al loro padrone; che questi, o disperati o irritati, sono per tentare la sua ruina; perlocchè supplica il vescovo a fare in modo che egli si possa difendere nel castello, in caso di qualche strano attentato; e termina accennando, che Antonio Rossi, capo dei ribelli, sia stato in Caldonazzo e nel Borgo di Valsugana a tenere consiglio coi collegati. Lo stesso Graziadeo, con suo foglio dei 5 luglio, avvisa Tommaso, maestro della casa del vescovo, che il suddetto Rossi siasi abboccato col vicecapitano, e tra le altre cose l’abbia assicurato di poter andare e venire liberamente coi suoi del castello di Levico. Aggiunge, avere esso Rossi avuto seco dieci compagni armati e con cani, i quali ferirono in rissa il custode dei cavalli, ed essere intenzione dei villani di tenere una Dieta presso Bolgiano, tostochè si saranno impadroniti dei nobili. Li 4 luglio, Stefano notajo di Casezzo scrive al consigliere Andrea Reggio, d’avere animati i timorosi ad essere costanti nella fede verso il vescovo, tanto più che si sperava vicino l’arrivo dei commissarii; ma aggiunge che l’assessore delle Valli di Annone e di Sole, Bonifacio Betta, si aspettava poco buon frutto dai commissarii, ch’egli credeva poco atti a farsi temere dai sediziosi, i quali non cessano dalle combriccole e tentano di impedire l’accesso ai commis-