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servigio del castello. Altra lettera capitò a Bernardo da Verona, colla quale Guariento dei Guarienti, informato dei tumulti rusticani, gli esibisce, per di lui sicurezza, una casa comoda e provvista del bisognevole in quella città.
Nel giorno 17 maggio, Giovanni Ettingero rende conto al vescovo dello stato in cui trovavasi la città di Trento. Dice che in essa non si ode che strepito d’armi, senza però che alcuno abbia finora sofferto il menomo oltraggio; spera che l’incendio si estinguerà, massimamente per l’opera vigilante di Francesco di Castellalto, distintissimo capitano che arringò il popolo e l’animò alla difesa; assicura che nessuno si lamenta del vescovo, e solo spiace ai cittadini alemanni la chiamata dei soldati giudicariesi, che temono possa riuscire più dannosa che utile. Dello stesso giorno è la lettera diretta al vescovo dal podestà di Trento, Giovanni Castelvetro, con cui gli partecipa che, avendo esso vescovo abbandonata la città, egli pure, per sottrarsi al furore dei villani, s’era rifuggito in Roveredo, lasciando Gianandrea Scutelli, quale sostituto o vice-pretore. Avvisa inoltre, che la casa capitolare, ripiena di ogni sorta di derrate, era stata spogliata, e ogni cosa divisa fra i poveri; sperarsi peraltro che nulla di più sinistro sia per succedere, atteso il decreto del Consiglio, che nulla s’innovasse, sotto pena dell’indignazione di Cesare e dell’arciduca, sino al ritorno degli inviati. Nel medesimo giorno il vescovo Bernardo accenna da Riva ai Consoli di Trento i motivi che l’hanno indotto a ritirarsi colà; fra i quali si conta quello di essersi ac-