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d’altri corpi feudali di minor conto, contro l’esborso fatto dal vescovo di 1400 lire veronesi. Di tutti questi e d’altri feudi, in qualunque maniera da loro acquistati, diede il vescovo ai suddetti conti la investitura, previa la malleveria di sei persone, e col patto, in caso di mancata promessa, di sottostare alla pena di duemila lire veronesi1.

Nel 1182 ottenne il nostro vescovo, dall’imperatore Federico I una sentenza definitiva contro la città di Trento, in forza della quale doveva questa essere in perpetuo privata de’ suoi consoli, e in tutto dipendere dal vescovile governo. Quale motivo spingesse il vescovo a procurare che fosse tolta ogni giurisdizione alla città di sua residenza, ben non si scopre; ciò che di certo rilevasi si è, che non ostante l’abolizione imperiale del consolato e degli altri diritti e privilegi suoi, la città di Trento, per tre secoli e mezzo, continuò a nominarsi i proprii consoli, come tuttora fa, e ad essere in possesso d’una gran parte della sua giurisdizione2.

Nel 1183 il nostro prelato fece riedificare con grave sua spesa il tempio di S. Croce, situato nel borgo fuori di porta veronese, presso l’antico Ospitale di questo nome; assegnandogli in dote una chiusura contigua alla chiesa di S. Michele, donatagli da Gumpo di Gio-

  1. Cod. Wangh. e Bonelli, op. cit., pag. 468.
  2. Codice Wanghiano. Intorno a questa sentenza, alle cause che la promossero e agli effetti che ne seguirono, vedi la dispensa II.ª della Biblioteca Trentina, e l’introduzione alla dispensa III-VI.