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conseguenza al Conte del Tirolo, quasi ogni altr’anno conveniva accordare al medesimo nuovi e ragguardevoli sussidii; e che dall’altro canto il Trentino, quale Principato dell’Impero, doveva retribuire allo stesso le imposte ossia i mesi romani con altri aggravi, aveva giudicato espediente di esporre a Massimiliano la sua impotenza, specialmente per la diminuzione delle proprie rendite e per le molte alienazioni di feudi fatte dai vescovi predecessori, nonchè al Conte stesso, a titolo dell’avvocazia. L’Imperatore, accettando di buona voglia queste ragioni, perchè scorgeva di questo modo libero il varco a rendersi arbitro del territorio trentino, tanto agognato dai suoi antecessori, assunse in sè i detti mesi romani, col patto però che il nostro Vescovato e quello di Bressanone seco si collegassero a comune difesa, contribuendo ciascuno di essi la stabilita quota delle milizie in caso di guerra. Questa confederazione non fu ammessa e placitata dal Sacro Romano Impero che nel 1548, con certe riserve, per certi sospetti appoggiati pur troppo al vero1. Nel medesimo anno Volfango Schöchtecl, capitano del castello di Pergine, decise la differenza insorta fra l’ufficio minerale e gli uomini di quella giurisdizione, rapporto alle bilancie, alle selve e alle legne da fabbrica e da fuoco2. Varie lettere dei commissarii e consiglieri della città di Verona nel novembre di quest’anno informano il nostro vescovo, luogotenente cesareo, del gravissimo

  1. Miscellanea Alberti, Τ. I, fol. 26. T. II, fol. 101.
  2. Miscell. Alberti, Τ. V, fol. 19.