patto che il suddetto Pellegrino riconosca quella giurisdizione, a titolo di feudo, dalla Chiesa di Trento, e che l’imperatore la potesse riscattare restituendo il prezzo, previo avviso di mezz’anno. Questo vincolo fu ben presto disciolto da Pietro, figlio di Pellegrino, collo sborso d’altri duemila fiorini1. Nel detto anno il vescovo Udalrico investiva Paolo di Lichtenstein, a titolo di feudo, di Castelcorno e d’una porzione del dazio di S. Martino, devoluti alla Camera per la morte di Mattia di Castelbarco, ultimo di questa illustre famiglia; avendo pure esso Paolo ottenuta dall’Imperatore la donazione di tutti i beni allodiali e feudali decaduti per tal morte all’Impero. Prima però di venire alla spedizione della investitura, il nostro prelato mise in pratica tutte le cautele legali, solite usarsi in simili casi; mediante proclami editti e citazioni, fin dal 1497, reiterati nel 1500 e 1501, invitava tutti gli aventi interesse a produrre le proprie ragioni nei termini stabiliti, sotto pena della caducità, ossia della consolidazione dell’utile col diretto dominio. A questi inviti e richiami nessuno rispose che pretendesse discendere dai Castrobarcensi e avere diritto ai lor beni; il che fa credere che la suddetta famiglia si estinguesse realmente in Mattia; benchè un secolo più tardi siasi fatta risorgere nei baroni di Gresta, a pregiudizio della Chiesa di Trento, sotto la reggenza del vescovo Emanuele di Madruzzo2. In questo stesso anno, Massimiliano I,
- ↑ Miscellanea Alberti, Τ. V, fol. 245.
- ↑ Miscell. Alberti, Τ. IV, fol. 221. Dissert. Fraporta.