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castello di Storo nelle Giudicarie, di quello di Nomi nella valle Lagarina e d’Ivano nella Valsugana, coll’ajuto dei conti d’Arco e di Lodrone. Ai Veneti inoltre si sottomisero con onorevoli patti le comunità di Bono, di Tione, di Bolbeno, di Zuccolo, di Susato, di Breguzzo, di Bondo, di Cimego e di Castello, nelle Giudicarie. Da avvenimenti sì prosperi incoraggito il Sanseverino, rivolse l’animo alla conquista della città di Trento, capitale del Principato. Fatto costruire un ponte di barche sopra l’Adige, traghettò all’opposta riva l’esercito; ma mentre i soldati, non sospettando alcuno attacco, si riposavano, parecchie compagnie di fanti trentini e delle prossime ville irruppero dai monti contermini sul campo nemico, e vi gettarono lo scompiglio e il terrore. Gli stipendiati della Repubblica in piena fuga si precipitarono verso il ponte, e nella foga sospinsero nel fiume Adige il loro generalissimo Sanseverino, che li animava a far sosta e a resistere. Grande fu la strage dei Veneti; quelli che non furono uccisi col ferro, perirono nelle onde del fiume. Tra questi ultimi era il prode Sanseverino, il cui cadavere fu trasportato in Trento e sepolto nella cattedrale in avello di marmo, colla di lui effigie scolpita al naturale, e una relativa iscrizione; indi nel 1498 le di lui ossa vennero trasferite nella città di Milano. Questa segnalata vittoria seguì li 10 agosto 1487, vicino alla villa di Calliano; e in memoria di essa, il magistrato consolare costuma ogni anno in detto giorno portarsi alla chiesa di S. Lorenzo, fuori le mura, ad assistere alla messa cantata in onore del protomartire. Dopo tal fatto