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cupazione della bastia di Storo, eseguita coll’opera di 200 armati da Parisio di Castel Romano, feudatario della Chiesa di Trento1. Del settembre di quest’anno è il contratto dell’arca d’argento in cui riporre il corpo di S. Simonino, che fece il vescovo Giovanni con Vittore Lehemann, argentiere, pel prezzo di fiorini tre di fattura per ogni marca d’argento2. Abbiamo inoltre accertate notizie della lite strepitosa sostenuta dal nostro prelato contro Mattia e Giorgio fratelli di Castelbarco, che aveano tentato di sturbarlo dal pacifico possesso di Castelcorno e di Castel Nomi con un ricorso alla Curia imperiale, ove anco ottennero sentenza favorevole; dalla quale sentendosi aggravato, il vescovo interpose l’appellazione alla Santa Sede. Questa, avendo delegato Marco vescovo di Preneste, cardinale e patriarca d’Aquileja, avanti di lui furono legalmente citati essi fratelli, ad istanza di Giorgio Terlago, decano di Trento, costituito procuratore vescovile e comparso in Roma ad agitarvi la causa3.
Nel 1486, il vescovo Giovanni confermò agli abitanti di Tenno certa carta di Regola, che, fra gli altri capi a lor favorevoli, contiene la indennizzazione di essi dagli aggravi delle persone forensi. Concesse ancora nel medesimo anno agli uomini di Storo certi luoghi comunali ridotti a coltura, da godere sotto titolo enfiteutico, colla remissione plenaria della decima; non