seguente, essere comparsi i sediziosi in numero di quattromila all’incirca, armati di schioppi, lancie, tasche ed altri ordigni con molte scale e con travi da erigere tre forche su cui appendere i castellani. Essersi in questo mentre udite delle voci consiglianti a soprasedere all’assalto, giacchè veniva alla volta del castello Simone di Tono, con animo di conciliare le differenze. Sopragiunto difatti il de Tono con circa quattrocento armigeri, arringasse quell’accozzaglia di valligiani, esortandoli a rimettere in lui le pretese loro ragioni; e i capi gli rispondessero che non volevano attendere altri provedimenti, e ancora meno riconoscere per loro signore il vescovo di Trento; piuttosto essere disposti a mettersi sotto la protezione del conte del Tirolo. Approssimatosi Simone di Tono al castello, inducesse il castellano ad acconsentire alle domande degli ammutinati, salve le ragioni del vescovo, e il castello stesso fosse stato a lui consegnato. E in questa occasione, l’anonimo scrivente, che veniva cercato a morte, aver tentato inutilmente di calarsi lungo le mura; ma, incapace di muovere la pesantissima scala a mano, si fosse rifuggito nella camera in cui giaceva la moglie puerpera di Nicolò Firmiano, la quale udendo da lui il pericolo al quale era esposto per aver difeso il proprio onore e quello del di lei consorte, fosse contenta che s’appiattasse presso la sua testa, molto bene ravvolto nelle coltri, affinchè non venisse scoperto; e di là aver egli inteso quei forsennati a correre pel castello, gridando: Tirolo, Tirolo! e aver saputo che Simone di Tono promise per gli insorti, che nessuno sarebbe penetrato