riconfessarono il loro reato con tutta ingenuità alla vista del vescovo, del clero, dei nobili e di folto popolo1. Ma il contento che il buon pastore provò nella conversione delle tre donne e di Salomone, ben presto fu turbato dai guai sopravenuti nelle valli di Annone e di Sole. Non ostante che il vescovo Giovanni avesse a quelle valli confermati nel mese di aprile i loro privilegi e statuti, con notabili aggiunte, a sollievo particolarmente dei poveri, e avesse fatto costruire processo criminale contro Antonio dei Facini assessore e Antonio dei Migazzi di Cogolo, massaro, ad istanza dei loro procuratori, per supposti gravami, pure nel maggio si divenne ad aperta ribellione. Dopo varii convegni clandestini, di giorno e di notte, e voci sparse di pretese angherie, i capi della rivolta (spacciando l’esempio degli Svizzeri che, meno forti e numerosi di essi, scossero il giogo e si conservarono liberi, mediante alleanze ed ajuti, che nemmeno a loro mancherebbero, quand’anche il Conte del Tirolo non li accettasse per amici o non li volesse spalleggiare) si raccolsero in S. Zeno, li 29 di maggio, in cui vi si celebrava la festa dei santi Sisinio, Martirio e Alessandro. Messisi in mezzo alla gran folla di gente accorsa da ambe le valli, cominciarono a gridare tumultuariamente: viva il popolo! e ad avviarsi verso il monte. Scorgendo che non erano seguitati da tutti, mutarono formola, e alcuni urlarono: Tirolo, Tirolo! ed altri: Lodrone, Lodrone! Autori principali di questo tumulto furono Antonio Inama di
- ↑ Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 176.