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il capitano della città, Jacopo Sporo, vennero alla casa di Samuele e comandarono il trasporto del cadavere dalla ripa del Fossato alla camera che conduce alla sinagoga. Ivi, alla continua presenza di Samuele, Angelo, Tobia, Israele e Bonaventura, i deputati alla visita del cadavere, Mattia Tiberino e Arcangelo Balduini medici, e Cristoforo dei Fatti chirurgo, notarono in esso varie ferite e lividure. Interrogati poscia gli ebrei suddetti e trovatili varianti nelle risposte, quella stessa notte furono condotti prigioni, assieme a un certo Joff e al cuoco Bonaventura. A misura che gli indizii prendevano maggior vigore, vennero nei giorni seguenti imprigionati molti altri ebrei, fra i quali Brunetta, moglie di Samuele. Essendosi nei molti costituti dei rei tratta la confessione dell’infanticidio, con tutte le circostanze sopra descritte, fu, a misura del loro delitto, fulminata contro di loro la sentenza dell’estremo supplizio.

Venuti di ciò a cognizione gli ebrei di Verona, di Mantova, e d’altri luoghi, tentarono ogni mezzo per impedirne l’effetto; interponendo mediazione di principi, ed offerendo molto oro al vescovo Giovanni ed al podestà; ma tutte queste pratiche non ebbero alcun successo. La prima sentenza pubblicata fu quella contro Tobia, il più facinoroso tra i rei, il quale fu condannato ad esser condotto per la città sopra un carro, tanagliato con tenaglie infuocate, all’amputazione della mano destra in faccia alla casa dei genitori del martire, e, giunto al luogo dell’esecuzione, ad essere tessuto sulla ruota e abbruciato. Questa sentenza, eseguita li 21 giugno 1475, venne mitigata dal cuore tenero del