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di vitto assieme alla sua famiglia, ai servitori, ai cavalli, e di ammetterlo a tutti i trattati di affari temporali, come se fosse suo consigliere. Il capitano aveva diritto di assoldare guardie, però a spese della Camera vescovile, per la custodia del Castello del Buon Consiglio (dette barbaramente suzzi, dal tedesco Schütze, difensori) e di esigerne il giuramento di fedeltà; di guernire e presidiare a suo piacere le porte della città, il castello e le torri e di averne in sua mano le chiavi1.
Ritornato il vescovo Giovanni alla sua residenza, prese solenne possesso del temporale ο principato di Trento, il giorno dell’Ascensione di Nostro Signore, e mandò deputati a pigliare quello di Riva, chiamando i vassalli e tutti i suoi sudditi a prestargli l’omaggio2. In quest’anno, Cristoforo Mauro, doge di Venezia, notifica al vescovo Giovanni, come suo confederato, la pace seguita, mediante l’autorità del sommo pontefice, fra i principi d’Italia; acciò, volendo, possa ratificarla, e seco goderne il benefizio3. Nel giugno dello stesso anno il vescovo nostro conferì il capitaniato delle Giudicarie a Pietro conte di Lodrone, coll’autorità di amministrarvi giustizia, a norma della convenzione con dette valli nel 1451. In esso documento contiensi ancora la ricapitolazione degli obblighi contratti dal vescovo nelle enunciate transazioni del 1454, 1460, 1468 col