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Nel menzionato anno 1455, il vescovo Giorgio, col consenso del suo Capitolo, fece una notabile aggiunta agli statuti canonicali, risguardante la residenza del decano e dei canonici, e la partecipazione d’ogni sorta di frutti, singolarmente prebendati1.
Nel 1456, il conte Francesco d’Arco fece esporre al vescovo Giorgio, mediante procuratore, aver egli rilevato da certi documenti di casa sua, che i di lui maggiori per ignoranza riconobbero in feudo dal Sacro Romano Impero i castelli di Ristoro e Spineto, giacenti nel territorio vescovile di Trento, e ch’egli poi godeva le decime della Camera Trentina, a titolo feudale, aspettanti ai detti castelli. Perlochè supplicava che a lui non s’imputasse la negligenza di non aver dichiarato prima il riconoscimento del dominio diretto, e che venisse prosciolto da ogni pena di caducità, a cui potesse andare soggetto. Il vescovo esaudì le preghiere di esso conte, investendolo ad masculos della porzione ad esso spettante in detti castelli, salve però le ragioni dell’Impero, del vescovo e di qualunque altra persona2. Della giurisdizione di Arco non si fa più menzione nelle investiture feudali, dacchè fu eretta in contea nel 1390, essendosi i conti in quell’occasione sottomessi all’Impero. Di presente però ubbidiscono al Conte del Tirolo, che si appropriò quel dominio, usurpandolo all’Impero e al vescovo di Trento, signore diretto, non con altra ragione se non perchè i vescovi furono tras-