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mano una gran parte delle Giudicarie, rivennero all’obbedienza della Chiesa di Trento, dalla quale si erano sottratti per causa di certe differenze insorte sotto il vescovo Alessandro. Il loro ritorno fu con paterno affetto accolto dal vescovo, che loro confermava gli statuti e privilegi loro accordati dai vescovi predecessori; lor condonava gli spogli e i delitti commessi fino a quel giorno; restituiva la muta ossia dazio di Dimaro, come la possedevano prima della rivolta; e attesi gli incendii e le disgrazie sofferte, moderava la colletta o salario, solito pagarsi per foco; approvava che ad esse comunità venisse amministrata giustizia dentro il Durone e non fuori, e nominava a loro vicarii, capitani e giudici Giorgio e Pietro di Lodrone, che li governassero a nome del vescovo; riduceva finalmente la colletta a soli mille fuochi, di 1600 che erano, e considerava la conferma dei lor privilegi così formale e plenaria, siccome quella che aveva accordata nel 1447 alle pievi di Banale, di Lomaso e di Blegio, che nella passata rivolta erano rimaste fedeli al vescovo Alessandro1.

Li 27 di maggio 1451, il vescovo Giorgio, reduce da Innsbruck, passando per Termeno, onde recarsi a Trento, riconfermò agli abitanti di quel borgo un privilegio o diritto di consuetudine consistente nella presentazione di un sacerdote, come rettore della cappella dei Ss. Quirico e Giulitta2. Ritrovasi di quest’anno una quietanza di fiorini 400, spedita al vescovo Giorgio

  1. Miscellanea Alberti, T. III, fol. 172.
  2. Miscell. Alberti, T. VI, fol. 150.