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e di Coira; esempio poi seguitato dal pontefice Pio II, che con bolla del 1459 confermò la precedente1. Lo stesso papa Eugenio concesse in quest’anno 1445 a Benedetto, da lui creato vescovo di Trento, la facoltà di consegnare al duca Sigismondo per anni cinque in custodia il Castello di Trento con tre altre rocche, per sicurezza e quiete (così asseriva) della Chiesa di Trento2.
Durarono le cose in questo deplorabile stato dalla fine del 1444 alla metà del 1446; intorno alla quale, il duca pensò a ripararvi colla sua autorità. Giunto in Trento (ove spedì a Giorgio di Lodrone l’investitura del castello di questo nome e degli altri feudi aviti) per rendersi benevoli gli animi dei cittadini, accordò loro la conferma degli statuti e privilegi3. Nel dì otto di giugno 1446, Teobaldo di Wolkenstein, uno dei due vescovi eletti, mediante suoi procuratori, rinunciò al Concilio di Basilea i diritti al vescovato di Trento. La stessa rinuncia fece il 21 settembre al suddetto Concilio il di lui antagonista Benedetto, abbate di S. Lorenzo4. Il duca Sigismondo seppe poi fare in modo da indurre con dolce violenza i trentini a consegnare nelle sue mani la città capitale e le fortezze e le terre del Vescovato per lo spazio di cinque anni, promettendo, mediante atto pubblico, di restituire ogni