delle Giudicarie per un anno, e gli desse per un triennio in custodia la rocca di Breguzzo con un competente salario; ma poscia, senza alcun giusto motivo, lo privasse de’ suoi privilegi e diplomi d’investitura, a sè richiamandoli, e lo spogliasse del Castel Romano e della rocca di Breguzzo, traendo prigioni in Trento i suoi figli, il fratello e il nipote1. Ai 13 d’agosto, in presenza del vescovo Alessandro e d’altri nobili, Guglielmo di Castelbarco di Lizzana confessava solennemente di essere egli, siccome i suoi predecessori da più di dugento anni, anzi fin quasi dalla istituzione del Principato, vassallo della Chiesa Trentina; e si scusava di non aver chiesto prima la rinnovazione della investitura dei feudi aviti, per causa del dominio veneto che li occupava2. Nell’anno medesimo, Giovanni di Antonio Pevereda di Trento fu investito del pontatico ossia dazio del ponte sull’Adige presso Trento, verso l’obbligo di retribuire al Vescovato annualmente dodici lire veronesi, in ragione d’undici grossi di Merano per ogni lira, e colla prescrizione che il daziario non facesse pagare che un denaro veronese per ogni bestia minuta che passasse sul detto ponte, e quattro denari per ogni soma, due denari per ogni cavallo scarico e quattro per ogni carro; eccettuati da cotesto dazio i cittadini di Trento, e gli uomini di Sopramonte e di Riva e di Arco, come si osservava ab antiquo3. Li 12 mag-
- ↑ Hippoliti, op. cit.
- ↑ Bonelli, op. cit., pag. 133.
- ↑ Hippoliti, op. cit.