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del Vescovato. Questi occuparono, a cinque ore di notte, la porta di S. Croce, e v’intromisero il capitano di Pergine pel conte del Tirolo, e fecero prigioni Antonio di Molveno partigiano del vescovo e molti altri cittadini e canonici. Ma di lì a poco i rappresentanti del nostro Comune inviarono al vescovo a Basilea, dove si trovava, due deputati per significargli di essere disposti a riconoscere ancora la sua sovranità, se egli li assicurasse di reggere il Principato secondo i dettami delle costituzioni e della giustizia; e, riguardo alla città, d’impedire le gravezze illegali, di togliere le novità pregiudicievoli, e di preferire i cittadini agli stranieri in tutti gli ufficii. Il vescovo promise ogni cosa; dopo di che gli fu prestato il giuramento di fedeltà1. In quest’anno si composero anche le differenze tra il nostro vescovo e Federico, conte del Tirolo, il quale accettò la sentenza arbitrale pronunziata in tale argomento dall’arciduca Alberto d’Austria, e promise di metterla a esecuzione2.
Nel 1436, Paride di Lodrone produsse dinanzi al duca Federico le sue querimonie contro il vescovo nostro sui punti seguenti, cioè: che il vescovo, al primo giungere alla sua sede gli assegnasse il castello di Stenico e l’investisse di Castel Romano e di tutti i feudi che la casa di Lodrone riconosce dalla Chiesa di Trento, e lo costituisse suo vicario in tutta la Valle