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di fosse, e d’una terra sotto il detto castello e sopra la villa di Meclo, che si chiamava la casa di Meclo, e di molte decime, a un Giorgio Kel e ad Enrico di lui nipote; della decima in Mais, in Eppan, e delle ville di Faire e di Basilica nella pieve di Livo, sotto Altaguarda, e di certi masi in Bugnana, al nobile Svajero di Corona del Nos; dei castelli di Romano e di Lodrone, e delle decime già di ser Vochesio di Madruzzo nella valle Rendena, e di altre che i suoi maggiori ebbero dalla Chiesa di Trento, al nobile Parisio di Lodrone; della metà del castello di Tueno, già posseduto da Bartolomeo, Guglielmo e Biagio di quel nome, e delle decime nella villa d’Ortiseto in Val di Sole, nella pieve di S. Sisinio, in Smarano, in Vervò, e della sesta parte della decima di Tueno, a Baldassare ed Antonio, nipote e zio, di Molaro; di una piccola muta o dazio, che si esige a Trento ogni anno nella festa di S. Vito e Modesto, fino alla festa di S. Vigilio, e di certe decime nella valle di Ledro e in Riva, ad Antonio figlio di Bonapace dei Toccoli d’Arco; d’una torre e mezza, site nel castello di Cagnò, e d’un palazzo con alcuni casali in detto castello e di certe decime, a Jacopo di Rumo; della terza parte della torre di Comaio e di certe decime in Arco, in Comaio, nelle valli di Bono e di Rendena, e del diritto di esenzione dalle collette, dazii ed altri balzelli e pubblici carichi, ai nobili di Comaio, i quali protestarono di ricevere quell’investitura senza pregiudizio dei nobili del detto casale di Comaio sui loro feudi; delle decime in Sporo, della giurisdizione e della decima