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diploma lo dichiarò principe della sua corte ed attuale suo consigliere, e ricevette lui, la sua Chiesa, e il suo Stato sotto la speciale sua protezione1.

Nell’anno 1413, il vescovo Giorgio ebbe a provare vacillante la fedeltà dei signori di Arco, i quali accettarono la protezione e tutela del duca Federico, più atto a difenderli dalla crescente potenza della Repubblica di Venezia. Col tratto del tempo i suddetti vassalli si sottrassero totalmente all’ubbidienza dovuta alla Chiesa di Trento, e dei loro stati, ch’erano episcopali, fecero un feudo oblato alla Contea del Tirolo2.

Nel 1414, il vescovo nostro fu elevato alla dignità di Cardinale della Chiesa Romana; ma rimase senza titolo, per non essersi, avanti la morte, mai portato in Roma a prenderne il possesso3.

La rivocazione fatta dal vescovo Giorgio del suo vicario generale riuscì, se non ad altro, di vantaggio alle chiese parrochiali di Rendena e di Mori, che rimasero libere dalla incorporazione al Capitolo di Trento, al quale il vicario suddetto le aveva illegittimamente assoggettate. E se la pieve di Rendena è oggidì unita al Capitolo, ciò provenne dalla permuta avvenuta sotto

  1. Rhò, Hist. Austr., fol. 166. Pincio, Annali di Trento, Lib. V. Innocenzo a Prato, fol. 163-170. Miscellanea Alberti, Τ. I, fol. 21. Τ. IV, fol. 149.
  2. Ambrogio Franco. Storia dei Conti d’Arco.
  3. Fleury, Hist. Eccl. Τ. XVIII. Ciaconius, Vitæ Card. Τ. II. Oldoinus, Addit. ad Ciaconium. Specimen hist. Cancell. Univers. Viennensis, pag. 41.