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di capitale; obbligando il vescovo ai medesimi, dal canto suo, la giurisdizione delle pievi di Lizzana e di Volano, a riserva della sola parte pria da lui consegnata a Marcabruno di Castelbarco; e inoltre col patto espresso, che fosse lecito ad essi di redimere il mentovato castello di Penede, mediante l’esborso delle esposte dodicimila lire, entro il termine di due mesi; passati i quali, s’intenda irrevocabile quel possesso a favor della Chiesa. In sequela dell’anzidetto contratto, nel 1341, fu tra le parti fatta un’altra convenzione, colla quale vennero stabilite le rate del pagamento; vale a dire, che la metà sia dal vescovo pagata nella prossima festa di S. Martino, e l’altra meta al S. Martino del seguente anno; il che non seguendo, la sopradetta rocca dovesse ritornare ai Castrobarcensi, i quali giurarono di governare frattanto, come vicarii vescovili, la giurisdizione accennata di Lizzana e di Volano. Ma il ritratto non ebbe luogo; mercechè il provido prelato sborsava nel principio del 1343 il prezzo intiero del castello, a norma del convenuto1.

Nel 1341, il vescovo Nicolò spedì alla chiesa di S. Maria di Campiglio la conferma delle indulgenze ad essa concesse da Federico, Egnone, Enrico II, Filippo, Bartolomeo ed Enrico III vescovi di Trento, da Martino vescovo di Mantova e da altri vescovi di Verona e Cremona2.

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 157, 216. Codice Wanghiano, pag. 429.
  2. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 216.