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di sua liberalità, concesse a Guglielmo di Castelbarco, sua vita durante, il vicariato ch’egli tenne e possedette in ogni luogo appartenente al Vescovato, coll’obbligo di contribuirgli annualmente una coppa di argento dorato, del valore di cento lire veronesi, e col patto espresso che, morto lui, ogni diritto si devolva al vescovo1.
Il dì primo di gennajo 1339, il nostro vescovo spediva ai Fiemmazzi la conferma dei loro privilegi, e specialmente di quelli generosamente accordati alla Valle nel 1110 e 1112 dal vescovo Ghebardo2. Nello stesso anno, il vescovo Nicolò, dopo aver fatto chiaramente constare, colla deposizione di ventidue testimoni degni di fede e d’altri documenti autentici, a Bertoldo di Ragogna commissario di Giovanni duca di Carintia e conte del Tirolo, che la giurisdizione di Metz (Mezzotedesco) s’aspettava al Principato di Trento, ottenne li 21 febbrajo favorevole sentenza contro Leonardo e Svicherio fratelli di Metz, illegali detentori, e li 25 dello stesso mese il decreto d’immissione, con ispeciale comando del duca ai suddetti fratelli e ad altri nobili dimoranti in quella giurisdizione, di non isturbare il vescovo e la sua Chiesa nel possesso di essa, e di contentarsi del libero e pacifico godimento dei feudi3. Di questo medesimo anno è la delegazione di certi soggetti nominati nell’istrumento, fatta dal vescovo no-