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lo possiede1. Nell’ottobre di questo medesimo anno il nostro prelato si adoperò con tutto lo spirito, affinchè una volta si terminasse la strepitosa lite, che in Roma si agitava da nove anni, a riguardo della parochiale di S. Maria Maggiore fra il suo Capitolo e i Padri di S. Domenico avanti il cardinale Bertrando, vescovo d’Ostia e di Velletri, a ciò deputato da Benedetto XII. Abbiamo già accennato esistere su questa causa due atti intermedii, cioè una bolla del 1331, colla quale papa Giovanni XXII comandava al detto cardinale d’indurre il vescovo e il Capitolo di Trento a cedere la mentovata parocchia colle case attigue a quei religiosi che, per l’inondazione dell’Adige, non potevano più abitare il convento di là dal fiume; e la lettera del cardinale Bertrando scritta da Bologna nel 1332 ai frati e al priore dei Domenicani di Trento, colla quale li autorizza a citare perentoriamente il vescovo ed il Capitolo a comparire avanti di sè, nel termine di giorni venti, onde far valere le loro ragioni ed esporre le loro proposte. Il nostro vescovo adunque riusciva a troncare la lite, inducendo il predetto Convento alla rinuncia d’ogni suo preteso diritto su quella parocchia, e i canonici a rilasciare ai Domenicani, pro bono pacis, la quarta mortuaria ed ogni altra porzione canonica, che quei Padri erano tenuti per consuetudine di contribuire al decano e al Capitolo2.
Nel divisato anno 1338, il vescovo Nicolò, per atto