Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/246


— 229 —



del 1338, il nostro vescovo prese parte, fra i suffraganei di Aquileja, mediante Armanno di Parma giurisperito suo procuratore, al concilio provinciale indetto dal patriarca Bertrando; le di cui costituzioni, rinnovanti altre del di lui predecessore Raimondo, si contengono nello Statuto Capitolare di Trento. Sollecito della buona amministrazione del Principato, alla cui difesa vegliò fino agli ultimi suoi giorni, ridusse tosto all’ubbidienza dovuta alla Chiesa di Trento Aldrighetto e Guglielmo di Castelbarco, obbligandoli alla restituzione della valle Lagarina e del mero e misto impero di essa, nè altro loro, accordando che certi feudi allodiali. Giovanni, duca di Carintia e conte del Tirolo fu presente all’atto di questa restituzione, la quale ebbe però poca durata; imperciocchè nel 1363 e 1364 riacquistarono i Castrobarcensi ogni cosa sotto il governo del vescovo Alberto1.

Nel medesimo anno il vescovo Nicolò rinnovava a Luigi Gonzaga, duca di Mantova, la investitura feudale di Castellaro, nel modo e forma con cui n’era stato investito dieci anni innanzi. Cotesto feudo, tramandato ai successori suoi, duchi di Mantova, mediante le reiterale investiture dei vescovi di Trento, restò in quella serenissima casa fino al secolo decimottavo; in cui, essendo stato dichiarato decaduto, per fellonia, dai feudi imperiali l’ultimo duca, Mantova pervenne all’Impero, e Castellaro alla Chiesa di Trento, che tuttora

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 111. Codice Wanghiano, pag. 423.